domenica 27 febbraio 2011

Il silenzio

Ciao!

(Tratto da “Cristo con il fucile in spalla” di Ryszard Kapuscinski, Feltrinelli editore)

Gli autori dei libri di storia dedicano troppa attenzione ai cosiddetti “momenti forti” e troppo poca ai momenti di silenzio. Si tratta di una mancanza di intuizione: di quell’infallibile intuizione comune a ogni madre appena si accorge che dalla camera del suo bambino non proviene alcun rumore. La madre sa che quel silenzio non significa niente di buono, che nasconde qualcosa. Corre a intervenire perché sente il male aleggiare nell’aria. Questa medesima funzione, il silenzio la svolge nella storia e nella politica. Il silenzio è un segnale di disgrazia e non di rado di un crimine. E’ uno strumento politico, esattamente come il fragore delle armi o i discorsi di un comizio. Uno strumento di cui hanno bisogno i tiranni e gli occupanti che vigilano affinché la loro opera sia accompagnata dal silenzio. Pensiamo a come i vari colonialismi tutelassero il silenzio. Con quanta discrezione lavorasse la Santa Inquisizione. Con quanta cura Leònidas Trujillo evitasse ogni pubblicità.
Quale silenzio emana dai paesi che traboccano di prigioni! Lo stato di Anastasio Somoza: silenzio. Lo stato di François Duvalier: silenzio. Che grande impegno mette ognuno di questi dittatori nel mantenere quell’ideale stato di silenzio che qualcuno cerca continuamente di turbare! Quante vittime per questo motivo, e quali costi! Il silenzio ha le sue leggi e le sue esigenze. Il silenzio esige che i campi di concentramento sorgano in luoghi appartati. Il silenzio necessita di un enorme apparato poliziesco e di un esercito di delatori. Il silenzio esige che i nemici del silenzio spariscano all’’improvviso e senza lasciare traccia. Il silenzio vorrebbe che nessuna voce – di lamento, di protesta, di indignazione – disturbasse la sua pace. Ovunque risuoni una voce del genere, il silenzio colpisce con tutte le forze e ristabilisce lo stato precedente, ossia lo stato di silenzio.
(…)
Oggi si parla molto della lotta contro il rumore, mentre è molto più importante combattere il silenzio. Nella lotta al rumore è in gioco la pace dei nervi, nella lotta al silenzio la vita umana. Nessuno giustifica né difende chi fa molto rumore, mentre chi impone il silenzio nel proprio stato viene sempre protetto da un apparato repressivo. Per questo la lotta al silenzio è così difficile.
(…)
Sarebbe interessante analizzare in quale misura i sistemi di comunicazione di massa lavorino al sevizio dell’informazione e in quale misura al servizio del silenzio. Sono più le cose che vengono dette o quelle che vengono taciute?

Bye,
Sly

venerdì 25 febbraio 2011

Gramsci - odio gli indifferenti

Ciao!

Odio gli indifferenti Antonio Gramsci, testo

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'èin essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.


Bye,
Sly

venerdì 18 febbraio 2011

Unità d'Italia...

Ciao!

Ha suscitato grande interesse ed entusiasmo l’ora di spettacolo che ieri Benigni si è ritagliato all’interno del Festival di San Remo. Il tema dell’intervento doveva essere la spiegazione storica dell’Inno di Mameli in onore ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Intelligente e utile lo scopo, furbo avvalersi del carisma e delle conoscenze di Benigni. Peccato però che su quasi un’ora di monologo, almeno 40 minuti il Benigni abbia espresso con andazzo sinistroide eventi di politica di questi giorni camuffando il tutto con ironia…

In ogni caso, gli spettacoli di Benigni fanno venire voglia di riprendere in mano i libri di storia, in questo caso, o la Divina Commedia, nel caso del suo famosissimo spettacolo degli ultimi anni. Poi dal farsi venire la voglia a farsela passare purtroppo passa molto poco: spenta la tv ci ripigliano i nostri ritmi convulsi e le nostre letture facili e ce ne dimentichiamo.
Invece sarebbe una gran cosa rileggere la storia. Il Risorgimento! Nel pieno dei festeggiamenti dell’Unità d’Italia e dopo aver ascoltato il comico toscano, ci si immagina un Garibaldi bello come il sole e un popolo coeso che riscopre l’eroismo! Consiglio di leggere “Il cimitero di Praga” di Umberto Eco, lettura adatta a chiunque, dove ci si può “ricordare” che Risorgimento era anche un periodo di omicidi a manetta, di congiure e falsari, di poteri corrotti e assassini. E la massoneria, i gesuiti, i carbonari. E quell’odio per gli ebrei che di lì a 50 anni sarebbe esploso con eventi allucinanti.

Gli eroi guidano le rivoluzioni, c’è bisogno di eroi. Eroi ce n'è pochi e spesso incompresi e definiti matti. Ma la rivoluzione si fa con il popolo e il popolo lo muove la fame. Dove c’è fame c’è rivoluzione. Non c’è tanto da trovare di poetico. Fame di cibo, fame di cultura, fame di giustizia. Qualsiasi fame purché si sia arrivati al limite della sopportazione.
Altro che Italia unita! Il nostro inno ha delle parole stupende, che a cantarle ci si esalta davvero! Peccato che non c’entri nulla con lo spirito reale dell’italiano codardo e furbacchione.

Mikey, l’allenatore di Rocky, un giorno disse al suo pugile che perdeva: “ti è successa la cosa più brutta che può capitare ad un pugile. Ti sei civilizzato.”
Se volete fare la rivoluzione dovete avere fame e sapere che potreste morire per chi verrà dopo di voi. Siete disposti a tutto questo?


Bye,
Sly
Sono d'accordo sul restare a casa da scuola il 17 marzo: a patto che, appunto, genitori ed educatori facciano capire ai ragazzi che non è per farli dormire e cazzeggiare, ma magari per guardare internet insieme e imparare anche senza Benigni cosa significa l'inno e cosa succedeva nella seconda metà del 1800... credeghe!

giovedì 17 febbraio 2011

pezzetti di sogno

Ciao!

Immaginate una porta finestra. Poi immaginate il cielo dopo una giornata incerta di nuvole, che ancora sono indecise se andarsene o meno. Stanno li, grigie e pesanti. Man mano che vanno incontro all’orizzonte, però, si sfilacciano.
Quindi immaginate il mare: infrange le onde a riva, ancora un po’ scorbutiche, di acqua grigia. Ma risalendo s’acquieta e si fa celeste finché l’occhio non riesce a capire dove cambia, ma all’orizzonte diventa blu, una striscia ferma e netta che taglia il cielo azzurro.

E vorreste che il tramonto non finisse mai.
Qui sono io, vedo tutto questo e penso che anche solo un giorno, ma ne è valsa la pena.


Bye,
Sly
p.s. un giorno forse riuscirò a fare le foto dritte... :-)

domenica 13 febbraio 2011

feste comandate e feste "consigliate"


Ciao!

Tra le feste “consigliate” rientra ovviamente anche San Valentino! Consigliata perché ovviamente nessuno ci obbliga, però… cari maschietti… è augurabile che se avete una donna le facciate almeno un fiorellino… E’ consigliato, appunto, se poi non volete trovarvi in parte un muso fino a terra per almeno tre giorni…


Quello che però secondo me sarebbe carino e poco dispendioso da parte vostra, sempre cari maschietti, ma per contro vi renderebbe risultati esponenziali, sarebbe instaurare un leggiadro e costante rapporto con il fiorista…
Cioè, al di là della feste, dovreste ogni tanto sganciare l’eurino al fiorista per una rosa (mica venti, una!) o una piantina (mica un albero, una piantina dal vasetto di 10 cm di diametro!) per donarli alla vostra donna. Ovviamente, non scegliete un giorno fisso (tipo ogni lunedì) perché la tipa dapprima darà per scontato che il lunedì è giorno di fiori quindi sarà costantemente sempre meno contenta e poi se un giorno vi dimenticate vi terrà il solito muso per tre giorni e non vi dirà perché.
Quindi, cambiate giorno e oggetto del contendere. A volte variate con un pupazzetto o dei cioccolatini… ecco, se siete sposati il pupazzetto meglio di no perché vi dirà che ci mancava solo quello in casa per aumentare il casino e le cose da mettere a posto! Se non siete sposati, occhio ai cioccolatini perché vi dirà che la faranno ingrassare… e avete voglia a dirle che a voi piace anche di più in carne!

Ecco, voglio dire, io sarei contenta anche se mi regalassero un piatto di melanzane alla parmigiana (magari dopo palestra, con una bella birraccia!!!)… però mi rendo conto di essere un caso disumano. Eppure anch’io a San Valentino, quando avevo un povero cristo che mi rancurava, un pensierino me lo aspettavo. Ma soprattutto mi aspettavo un segno che il cristo in questione ogni tanto, per caso, o anche magari x sbaglio, mi pensasse…
Perciò ribadisco l’importanza intrinseca dei fiori cosicché la vostra donna non abbia musi o crisi isteriche, o per lo meno che non siano giustificate da mancanze effettive ma solo da svarioni ormonali…

Bye,

Sly

venerdì 11 febbraio 2011

la qualità della sofferenza

Ciao!

Nei giorni scorsi si è suicidato un uomo. Alla base dell'insano gesto, un rapporto di coppia andato in crisi. E due figlie, gemelle, che ora non si trovano più. In teoria erano con il padre e sembra proprio che le abbia uccise. Su un biglietto ha scritto qualcosa come "così non soffriranno".

Che peccato che da adulti ci si dimentichi dei propri primi vent'anni o venticinque di vita! Peccato che da adulti si creda sempre di sapere cos'è meglio per gli altri più di loro stessi. Peccato che da adulti non si stia più a domandare e tantomeno ad ascoltare!

Ma soprattutto abbiamo quella schifosa presunzione di pensare che ai nostri figli noi possiamo evitare la sofferenza... Perchè? La sofferenza fa parte della vita, le favole stesse ce lo insegnano fin dalla prima infanzia con scene crudeli. La sofferenza non va elusa, nascosta, evitata, scambiata. Va semplicemente insegnata.

Se seguissimo di più i nostri figli potremmo aiutarli nella sofferenza così da renderli forti e autonomi e coscienti. Così che da grandi non facciano una tragedia di ogni stupido intoppo. Così che poi sappiano apprezzare la felicità quando la incontrano.

Bye,
Sly

domenica 6 febbraio 2011

ne vale la pena allora?

Ciao!

Oggi ho stranamente guardato un po' la tv... veramente seguivo la partita di basket e ogni tanto cambiavo canale...
Premetto che io di gossip so praticamente niente.

Nel pomeriggio vedo Paola Barale... parlava male, un po' sbiascicata... guardo e mi accorgo che ha un labbro storto, come paralizzato per metà...
In serata invece mi fermo a guardare una che mi sembra Anna Marchesini... ed effettivamente capisco che è lei perchè ci scrivono il nome sotto... anche lei con la bocca deformata e con dei strani guanti alle mani...
Non molti giorni fa anche Franceso Nuti era finito in una trasmissione completamente inebetito e con uno che gli asciugava le bave...

Ora, il primo pensiero è stato un veloce paragone con l'immagine del passato di tali personaggi, soprattutto per quanto riguarda la Barale in quanto lei era famosa solo perchè bella... Per fortuna gli altri due personaggi avevano anche ben altro da trasmettere.
Ma poi mi viene un senso di rifiuto per questo sbandierare certe difficoltà è tregedie personali. Approfittare dell'umana e istintiva curiosità dello spettatore per fare audience.E non ce l'ho solo con chi fa la tv. Ce l'ho anche con i personaggi stessi che si prestano a questi circhi.

Ho sempre pensato che fosse sbagliato far vedere in tv e sui giornali solo chi è sano e bello, far credere che non esiste gente con handicapp o imperfezioni, eliminarle dalla vista. Per poi però tirarle fuori a comodo per creare il caso umano! Mai che al bianco e al nero si sostituisca una volta una sfumatura di grigio...

Bye,
Sly

venerdì 4 febbraio 2011

WISDOM GYM!!!



Ciao!

Anni fa un mio stracarissimo amico del cuore mi regalò una specie di ciondolo... all'interno chi lo regalava doveva inserire una parola da augurare al destinatario. E lui mi disse di aver inserito "wisdom" ovvero "saggezza". Ero ancora agli inizi della mia vita da pugile di periferia, ma decisi che la mia palestra si sarebbe chiamata "Wisdom Gym"! Sempre che fossi riuscita ad averne una...

Ne sono passati di anni e di cose ne ho combinate tante! Ufficialmente la mia palestra non esiste, nel senso che all'ufficio delle entrate l'ho anche registrata l'associazione, ma poi... come si fa da sole, lavorando, ecc.ecc. Così si va a scrocco nelle sale di palestre private con gestori simpatici! Però a me le carte ufficiali non interessano: la mia palestra esiste con me e le mie tose e i miei tosi che in questi anni mi hanno dato tante soddisfazioni!

Soddisfazioni piccole, quelle che non vanno sui giornali, ma che riscladano il cuore! E allora, come le palestre serie, ho finalmente creato le magliette ufficiali della Wisdom Gym! Forse quest'anno sarà l'ultimo, ma ai miei sogni ci tengo, anche a costo di realizzarli in extremis. D'altronde chi ha detto che debbano avere una scadenza come le mozzarelle? :-)

In foto: Sara, Tanja, Tiziano e io!

Bye,
Sly