venerdì 11 febbraio 2011

la qualità della sofferenza

Ciao!

Nei giorni scorsi si è suicidato un uomo. Alla base dell'insano gesto, un rapporto di coppia andato in crisi. E due figlie, gemelle, che ora non si trovano più. In teoria erano con il padre e sembra proprio che le abbia uccise. Su un biglietto ha scritto qualcosa come "così non soffriranno".

Che peccato che da adulti ci si dimentichi dei propri primi vent'anni o venticinque di vita! Peccato che da adulti si creda sempre di sapere cos'è meglio per gli altri più di loro stessi. Peccato che da adulti non si stia più a domandare e tantomeno ad ascoltare!

Ma soprattutto abbiamo quella schifosa presunzione di pensare che ai nostri figli noi possiamo evitare la sofferenza... Perchè? La sofferenza fa parte della vita, le favole stesse ce lo insegnano fin dalla prima infanzia con scene crudeli. La sofferenza non va elusa, nascosta, evitata, scambiata. Va semplicemente insegnata.

Se seguissimo di più i nostri figli potremmo aiutarli nella sofferenza così da renderli forti e autonomi e coscienti. Così che da grandi non facciano una tragedia di ogni stupido intoppo. Così che poi sappiano apprezzare la felicità quando la incontrano.

Bye,
Sly

2 commenti:

Saverio Ernesto Fiore ha detto...

Direi anche la presunzione di decidere la vita di due innocenti in questo caso. Chi è costui che si erge a Dio delle proprie figlie ? E' solo l'ennesimo atto di egoismo perpretato ai danni di una moglie come atto di cieca vendetta.
Ciao Silvia.

oceanomare ha detto...

Ciao Saverio!
Concordo. Tra l'altro per dovere di cronaca: il biglietto lasciato dal disgraziato recitava "non hanno sofferto". Ma non cambia granchè.
Comunque, al di là dell'episodio in questione, il discorso vale anche per tutti quei genitori che mettono i figli sotto una campana di vetro, o decidono che strada fargli intrapprendere nella vita senza conoscere le loro vere esigenze e attitudini e poi si meravigliano se appena possono (overo appena maggiorenni) questi hanno reazioni apparentemente inconsulte!
Un numero infinito di giovani viene "ucciso" senza far rumore da genitori sordi.