martedì 19 luglio 2016

L'estate del 2001



Ciao!
C’è questo modo dell’essere umano, di ricordare sistematicamente degli avvenimenti. Questo modo così asettico, che vuole togliere tutto quel cuore lasciato nei fatti allorché sono accaduti, riprenderselo per quel che ancora dovrà succedere. Ma nello stesso tempo la mente non vuole mollare del tutto, come se ogni avvenimento, ogni bordata d’emozione fossero cicatrici d’obbligo da tenersi addosso.
Così ogni anno, poi ogni cinque, poi ogni dieci… mai ci allontaniamo dai ricordi, sempre restiamo abbarbicati a quelle ricorrenze come se nell'assenza fossimo scoloriti. Chissà se lo saremmo davvero.
Sono passati quindici anni dall’estate rovente del 2001, per me un’estate calda anche di vita personale. Per tutti restano gli avvenimenti storici, di cui ricordiamo anche il lento trascorrere delle ricorrenze. Come i cani desiderosi di attenzione, che stanno lì a far gli indifferenti col muso a terra finché non li si guarda, e basta anche uno sguardo appena accennato che loro scattano in piedi convinti di essere stati chiamati in causa, così diventano certi ricordi dopo tanti anni: sbiaditi, ma solo perché momentaneamente ai margini del nostro campo mentale.
Ma è così difficile, nelle ricorrenze, non girare anche solo appena l’occhio, soffermarsi anche solo per un istante su come eravamo, su cosa ci ha segnati e spesso cambiati per sempre.Recenti studi hanno confermato che immaginarsi intensamente di innamorarsi, produce gli stessi effetti sul corpo dell'innamoramento vero. Dovremmo valutare questa cosa alla luce dell'intensità con cui le nostre memorie si riversano su di noi, spesso annientando ogni tentativo di scacciarle, spesso lasciandoci strascichi di nostalgia e rammarico tali da non riuscire più a distinguere quel che ormai è passato da ciò che ancora potrebbe succederci.
Personalmente sono riuscita a chiudere i miei ricordi di quell'estate scrivendoli. Ho scritto un libro riversandoci tutto quel che mi pesava sul cuore, liberandomi da catene inutili. E' servito, ma li ho chiusi in un cassetto di cui io ho la chiave e talvolta, ahimè, mi capita ancora di aprirlo e sbirciare dentro. Così, in questi giorni, che quindici anni fa sono stati il culmine di tutta la mia storica estate, tengo il cassetto socchiuso e mi arriva un raggio tenue di luce rosea, come di qualcosa di dolce che ancora non riesce a far pace con se stessa e mai la farà. E mai vorrò che sia così. E' anche questo un modo di sentirsi vivi, per chi - come me - ha vissuto il più della vita troppo presto e ora si chiede se aspettarsi ancora qualcosa dalla vita o se guardare gli altri vivere.
(Finale ad effetto, modello libro del settecento, perché faceva figo, ma tanto secondo voi me ne sto là a guardare gli altri io??? Ma per piacere....)
Sly